Ferrari Testarossa. Incantevole Regina [RETROSPETTIVA]
Icona automobilistica indiscussa. La Ferrari Testarossa è indubbiamente una delle vetture che più hanno saputo coinvolgere l’immaginario collettivo. Andiamo a riscoprirla insieme nel corso di una interessante retrospettiva
C’è sempre un’opera d’arte che consacra l’artista alla gloria dei tempi futuri. Un’icona, la chiave di volta, un punto di riferimento di stile precursore del progresso, a cui quest’ultimo dovrà sempre rendere omaggio. Siamo abituati a concepire l’auto come mezzo di trasporto e l’auto sportiva quale esaltazione del lusso, ma la Ferrari Testarossa è ancora oggi tutta un’altra cosa. Benché molti potranno obbiettare che sia la 250 GTO a detenere lo scettro di “Ferrari per eccellenza”, la Testarossa ha rappresentato un punto di svolta fondamentale, l’auto da sogno perfetta, proprio quella che, secondo le parole dello stesso Enzo Ferrari, qualunque bambino avrebbe fatto rossa.
Siamo nel 1984, anno in cui è ambientato il celebre romanzo di George Orwell, ma quello di cui parliamo non è frutto di un visionario capolavoro letterario, bensì dell’ingegno tecnico di maestri del calibro di Angelo Bellei, Nicola Materazzi e Maurizio Rossi, che proprio in quell’anno portano a Parigi l’erede della 512 BBi. Eredità importante che viene interpretata attraverso una delicata conversione stilistica e meccanica, alla ricerca di un primato che consentisse alla Ferrari di imporsi sui rivali. Stile e meccanica, connubio viscerale nella storia Ferrari, di cui ne è vessillo il meraviglioso motore centrale 12 cilindri montato longitudinalmente, ora evoluto rispetto al precedente: quattro valvole per cilindro e soluzioni decisamente all’avanguardia. Innovazione nel rispetto della tradizione, con un tributo alla serie di vetture sport 500 e 250 Testa Rossa, macchine da corsa dominanti sui circuiti verso la fine degli Anni Cinquanta, reso ancor più evidente dalla vernice di colore rosso della copertura delle camme motore. Al destino della Testarossa fu affidato un duplice obiettivo: da un lato superare i problemi della 512 BBi e, dall’altro, celebrare il debutto sul mercato americano della prima Ferrari con motore dodici cilindri, aprendo nuove frontiere al prestigio del marchio nel mondo.
STILE E TECNICA
Plasmata dall’estro creativo di Emanuele Nicosia e Leonardo Fioravanti, all’epoca a capo del Team del design di Pininfarina, l’erede della 512 BBi può essere considerata l’interpretazione perfetta della cultura retrò degli anni ‘80: armonica e omogenea in ogni dettaglio, da qualunque punto la si osservi. Morbida e arrotondata nel frontale, filante di lato e molto larga dietro, tanto stabile da non necessitare nemmeno di uno spoiler posteriore. Ma quello che ha consacrato il design della Testarossa alla storia sono le prese d’aria su ciascuna portiera, soluzione tecnica e solo indirettamente estetica, probabilmente nemmeno ricercata in un primo momento quale dettaglio stilistico. Queste feritoie, a cinque linee orizzontali parallele, vennero progettate per convogliare in maniera più efficiente l’aria verso il motore, risolvendo i problemi di surriscaldamento dell’abitacolo, che avevano minato la reputazione della precedente 512 BBi. Nella loro eleganza, rappresentano l’elemento di continuità tra i due parafanghi anteriori e posteriori, in un matrimonio armonico eternamente accattivante. Spostando lo sguardo sul lato posteriore della Testarossa, una griglia di color nero satinato richiama “i graffi” sulle portiere, mimetizzando i gruppi ottici rettangolari che sostituiscono la forma circolare utilizzata su precedenti modelli. Al centro della griglia spicca il Cavallino mentre in alto a destra, sulla carrozzeria, c’è il badge “Testarossa”. Il frontale reinterpreta gli elementi della tradizione Ferrari, con la griglia di colore nero opaco che incorpora luci di posizioni e indicatori di direzione, mentre i gruppi ottici anteriori sono retrattili e posti nella parte superiore del musetto.
La carrozzeria era realizzata prevalentemente in alluminio, con le porte ed il tettuccio di lamiera d’acciaio. Un elemento particolare della Testarossa fu l’iniziale predisposizione di un singolo retrovisore posizionato sulla mezzeria del montante sinistro, successivamente integrato da un altro anche dal lato del passeggero, sia in risposta alle non poche critiche mosse dai più conservatori, sia per motivi legati alla sicurezza stradale. Togliendo il velo rosso alla vettura troviamo un telaio in tubi d’acciaio con bracci di rinforzo incrociati per il supporto del motore, le sospensioni e gli altri elementi accessori. Le ruote stradali, con la tradizionale forma a stella a cinque punte, erano in lega leggera con un solo bullone di fissaggio centrale, in seguito sostituito da un sistema di fissaggio a cinque bulloni.
Una nota curiosa riguarda la storia dell’unica Testarossa in versione a cielo aperto, ufficialmente prodotta dalla Ferrari. Questo gioiello venne commissionato nel 1986 da Gianni Agnelli per celebrare i suoi 20 anni alla guida di Fiat, che impegnò i tecnici nella ricerca di soluzioni per la predisposizione della capote, e del relativo meccanismo, in considerazione della presenza dell’imponente motore V12. Su richiesta di Agnelli, vennero introdotte anche specifiche decisamente all’avanguardia, come la possibilità di passare dall’utilizzo del cambio manuale a quello automatico attraverso la semplice pressione di un pulsante. Speciale è anche il colore argento scelto per la vettura, con un sottile riferimento all’abbreviazione “AG” del metallo sulla tavola periodica, le stesse di Agnelli Gianni, arricchito da sottili strisce di colore blu che richiamavano il rivestimento interno.
L’EVOLUZIONE
Nel 1992, al salone dell’automobile di Los Angeles, venne svelata la 512 TR, la cui sigla TR stava ovviamente per Testa Rossa. Vennero introdotte modifiche estetiche funzionali come ad esempio un nuovo frontale, nuovi paraurti e cerchi più grandi ridisegnati, mentre dal punto di vista meccanico le novità furono notevoli. Il motore venne modificato e migliorato, riuscendo ad ottenere un importante aumento di potenza, passando da 390 a 428 cavalli, con una velocità massima di 314 km/h.
Il saluto al celebre modello avvenne a dieci anni dalla presentazione, con la produzione della F512 M, lettera M che stava per “Modificata”. In questo caso gli accorgimenti estetici superarono quelli meccanici. La F512 M prese spunto diretto dalle contemporanee 456 e 355, mutuando la coda della 355 e la griglia frontale dalla 456. Epocale fu l’addio ai fari anteriori a scomparsa ed il ritorno ai fari tondi posteriori. Il peso della vettura venne ridotto ancora, mentre i cavalli del V12 furono aumentati a 440. Prodotta in soli 500 esemplari, è l’ultima ad essere stata prodotta con il 12 cilindri contrapposti, dettagli che la rendono, tuttora, una delle Ferrari più ricercate di sempre.
La Testarossa ha avuto il suo ruolo da protagonista anche nel mondo televisivo nella serie americana Miami Vice, nella quale i due detective protagonisti interpretati da Don Johnson e Philip Michael Thomas, combattono il crimine guidando una Ferrari Testarossa di colore bianco sulle strade della Florida, coniugando il mito del sogno americano con il piacere di guida puramente italiano.
La Testarossa non era stata concepita per le corse, e sicuramente i suoi proprietari non ne sentono ancora oggi la mancanza. Dalla stampa venne definita un salotto da 300 km/h, una Formula 1 per l’uso di tutti i giorni. La Ferrari Testarossa è oggi un’affascinante Signora che non cede al ricatto del tempo e che non passa certamente inosservata, tutti si fermano ad ammirarla. Poche auto conservano questo privilegio e lasciano respirare il profumo di quegli anni d’oro, che hanno fatto conoscere la storia del Cavallino Rampante e la bellezza dell’Italia al mondo intero.