Filippo Perini [Italdesign]: “Il segreto di un buon design? La cultura di un Paese! Le GT italiane? Le migliori del Mondo!”
In occasione della seconda edizione del Salone dell’Auto di Torino Parco Valentino abbiamo avuto modo di intervistare Filippo Perini, Capo del Design Italdesign. Ecco cosa ci ha detto in merito al suo modo di concepire l’automobile e in relazione alla concept GTZero presentata a Ginevra
Torino – Lo stile rappresenta indubbiamente uno degli aspetti più importanti da curare nel corso della realizzazione di una vettura. È infatti l’elemento che per eccellenza va a determinare successo o insuccesso commerciale di un veicolo e deve pertanto essere analizzato con estrema scrupolosità da parte dell’intero team di sviluppo dello stesso. Al fine di meglio comprendere l’importanza del ruolo di un designer nel corso della nascita di un’automobile, abbiamo quindi parlato – in occasione dell’edizione 2016 del Salone dell’Automobile di Torino Parco Valentino – con Filippo Perini, Capo del Design Italdesign, del sempre crescente rilievo che questa figura assume all’interno della progettazione di una quattro ruote (che sia essa una show car o una vettura destinata alla produzione) al fianco di un esercizio stilistico già visto a Ginevra, ovvero la Italdesign GTZero concept, scoprendo così un interessante mondo fatto di continue sfide e di una cultura che necessita di rimanere sempre al passo con i tempi.
Vuole parlarci di questa vettura?
“Questa è la Italdesign GTZero concept. Abbiamo portato per la prima volta fuori dal Salone una vettura presentata a Ginevra, una showcar che nasce sulla base di una piattaforma esistente e quindi in grado di essere prodotta a tutti gli effetti. Nel suo nome c’è già la descrizione del concept. GT sta per Gran Turismo e Zero sta per zero emission. Gran Turismo perché quello che vediamo – in questi mesi, in questi anni – è una modificazione del modo di intendere l’automobile. Sempre più spesso si sente parlare non più di automobili da possedere ma magari da noleggiare, piuttosto che autonome nella guida. Noi qui abbiamo invece qualcosa di diverso: una vettura che ha sì parecchi di questi contenuti, ma, come espresso dalla sigla GT, anche e soprattutto la voglia di essere posseduta e guidata. Il “fun to drive”, la gioia di guidare, che penso non morirà mai”.
Quali influenze stilistiche hanno caratterizzato il design di questo concept?
“Io arrivo da Lamborghini. Sono stato per 12 anni responsabile del design della Casa del Toro e qui (in Italdesign, ndr) ho trovato un team molto più grande rispetto a quello che conoscevo. GTZero è stata la prima vettura che ho curato in questo nuovo team. Alcuni stilemi me li sono portati dietro e fanno chiaramente parte del mio modo di intendere l’auto”.
Si può intravedere un po’ di Asterion in questa vettura?
“Qualche cosa sì, c’è. Ci sono dei trattamenti formali sui parafanghi e sulle muscolarità. Anche la Asterion portava degli elementi non propriamente Lamborghini ma molto italiani. Stavo dicendo a uno studente che non bisogna per forza cercare lo stilema astruso e atipico: basta cercare nella nostra cultura. Io sono convinto che le GT italiane siano le più belle del Mondo, o comunque in grado di “combattere” con le vetture più belle del Pianeta. Lo sono state, lo sono e lo saranno. Il perché lo saranno sta a noi. Sta a noi cercare di utilizzare quegli elementi che permetteranno alle vetture italiane di essere competitive su un mercato mondiale estremamente mobile, in cui tutto cambia ma con certi stilemi che funzionano sempre: certe muscolarità sui parafanghi e certe geometrie io le utilizzo spesso perché le ho viste utilizzare dai grandi maestri. È una cosa che funziona e mi piace anche “citare” certi designer”.
Non possono non essere notate le superfici mobili…
“Ci sono alcune superfici mobili. Al Salone avevamo un filmato che mostrava i movimenti di tutti i sistemi aerodinamici. La macchina si muove assecondando le esigenze di due configurazioni: “Low Drag” (che significa bassa resistenza), in cui vengono chiusi il più possibile tutti gli ingressi d’aria (ed è il caso della vettura che si muove in fase di crociera; in autostrada) – e dato che si tratta di una vettura completamente elettrica si cerca di consumare la minor quantità di energia possibile abbattendo inoltre anche il calore sviluppato – e “Performance”, in cui si aprono numerose superfici in modo da generare maggior carico aerodinamico (andando così nella direzione delle vetture supersportive: anche perché la Italdesign GTZero concept vanta una piattaforma molto performante ed un telaio di derivazione supercar)”.
Stile e funzionalità stanno andando sempre più a braccetto da anni…
“Stile e funzionalità generano un buon design. E questo è un dogma da rispettare per qualsiasi buon designer: bisogna avere un occhio di riguardo per la funzionalità e per l’espressione di componenti tecnologiche, oltre che per l’utilizzo di nuovi materiali e nuove metodologie. Il designer è una figura divenuta sempre più importante nello sviluppo dell’automobile in quanto in grado di polarizzare l’attenzione sul prodotto. “Mi piace o non mi piace” sono le prime considerazioni che uno fa quando guarda un’auto. Tutto il resto viene fuori dopo. Se non c’è un buon design di solito la macchina non si vende”.
Il mio professore di meccanica alle superiori diceva che una cosa te la compri soprattutto perché ti piace…
“Sì. Direi che questo è un po’ il motore di tutti noi. Guardi una cosa che magari ti attira e poi entri più “nell’intimo dell’oggetto”, che è effettivamente la cosa che ti piace. Però se una cosa non ti piace ti giri, volti le spalle e guardi da un’altra parte. Ora con gli smartphone non c’è neanche più bisogno di voltare pagina, fai un gesto e vai avanti. E nella mole di informazioni che riceviamo ti dimentichi di ciò che non ti piace quando l’hai visto”.
I materiali e le nuove tecnologie hanno permesso di sviluppare cose che prima non potevano essere fatte, come ad esempio i gruppi ottici sempre più rastremati…
“Sì. Basta pensare anche alle portiere, che qui sono in fibra di carbonio. Ci sono dei materiali che permettono di realizzare oggetti che nel passato potevano essere installati solamente sulle show car. Oggi accessi a bordo di questo tipo li potremmo mettere tranquillamente in produzione”.
Cosa manca ancora per completare l’estro stilistico di un progettista?
“Manca la cultura. Il vivere la cultura di un Paese. Io amo sottolineare che sono passato dal lavorare per Lamborghini, che è un grande marchio, a ITALdesign (scandisce Ital, ndr). Mi piace molto la radice “Ital”; nel senso che sono convinto – con un certo orgoglio – che il design italiano non sia assolutamente morto. Anzi. Sta anche a noi ridare vita alla necessità di avere dei prodotti italiani di un certo livello”.